A Caltanissetta, Matteo Messina Denaro ha rinunciato a collegarsi in videoconferenza dal carcere de L’Aquila, dov’è detenuto, con l’aula bunker del carcere Malaspina, dove si sta svolgendo il processo in cui è imputato come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Lo ha comunicato il presidente della Corte d’Assise d’appello. Sarebbe stata la prima volta in un’aula giudiziaria dell’ex latitante. L’udienza è stata poi rinviata al 9 marzo “per consentire al difensore di essere presente”: uno dei due difensori d’ufficio del boss, l’avvocato Salvatore Baglio, ha comunicato di avere ricevuto una delega orale dal difensore di fiducia nominato da Messina Denaro, la nipote Lorenza Guttadauro, e ha chiesto i termini a difesa. “Che collabori lo speriamo tutti, ma nessuno di noi può saperlo. È depositario di conoscenze sulla stagione stragista del ’92 e ’94 ancora oggi non sondate e sconosciute da altri collaboratori”, ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti, al termine dell’udienza.
“Il livello di conoscenza di Messina Denaro per il rapporto stretto con Riina era probabilmente superiore a tutto quello che ci hanno raccontato i collaboratori fino ad oggi”, ha detto ancora il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti. “Messina Denaro – ha continuato Patti – è uno dei mandanti delle stragi del ’92 ma anche uno di quelli che già nella fase iniziale aveva messo mano a questo progetto, con la missione romana del ’92 dove addirittura è protagonista materiale di quella missione insieme a Graviano e agli altri”. “Il momento dell’arresto – ha proseguito Patti – è un momento che abbiamo accolto con soddisfazione. È il coronamento di sforzi che l’autorità giudiziaria palermitana e le forze dell’ordine hanno per decenni dedicato e le circostanze dell’arresto possono sembrare banali, ma dietro c’è un lavoro e una professionalità che secondo me non devono essere minimamente messe in discussione con discorsi dietrologici che lasciano il tempo che trovano”.