Nella notte tra domenica 24 e lunedì 25 settembre è morto Matteo Messina Denaro. Le condizioni di salute dell’ex boss di Castelvetrano, colpito da un’aggressiva forma di tumore al colon ormai al quarto stadio, si erano aggravate negli ultimi giorni: venerdì 22 era entrato in un coma irreversibile che non lasciava più speranze. I medici, sulla base delle indicazioni date dal paziente, che nel testamento biologico ha rifiutato espressamente l’accanimento terapeutico, avevano interrotto l’alimentazione parenterale endovena. Messina Denaro era ricoverato nel reparto detenuti all’ospedale San Salvatore de L’Aquila, dove era arrivato dopo essere stato qualche mese, in regime di 41 bis, nel carcere di massima sicurezza del capoluogo abruzzese. Dopo quasi 30 anni di latitanza (su 61 di vita), Messina Denaro era stato arrestato lo scorso 16 gennaio, mentre si trovava alla clinica La Maddalena di Palermo: proprio lì stava curando il suo tumore. Dopo la morte, la salma di Messina Denaro è stata spostata all’obitorio del carcere di L’Aquila: il corpo del boss di Castelvetrano dovrà essere sottoposto ad autopsia, prima di lasciare il capoluogo della regione Abruzzo per essere tumulato a Castelvetrano.
Le condizioni del padrino, sottoposto dal 2020 a quattro operazioni chirurgiche e a diversi cicli di chemio, erano subito apparse gravi ai medici dell’Aquila che l’hanno avuto in cura dalla cattura e che inizialmente l’hanno sottoposto alle terapie in carcere, dove era stata allestita per lui una cella con infermeria. Dopo l’ultimo intervento il boss, molto grave, è stato trattenuto in ospedale, trattato con la terapia del dolore e poi sedato. Prima di perdere coscienza ha incontrato alcuni familiari e dato il cognome alla figlia Lorenza, avuta in latitanza e mai riconosciuta. La ragazza, insieme a una delle sorelle del capomafia e alla nipote Lorenza Guttadauro, che è anche il difensore del boss, è stata al suo capezzale negli ultimi giorni. È stato proprio il cancro al colon a portare i carabinieri del Ros e la Procura di Palermo sulle tracce del padrino, riuscito a sfuggire alla giustizia per 30 anni.