La tragica morte dei 5 lavoratori, coinvolti nell’infortunio avvenuto a Casteldaccia (PA), accende ancora una volta i riflettori sulla precarietà della sicurezza , a cui è correlata la vita e la salute, dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Attenzione massima, che viene prestata tutte le volte che il numero delle morti bianche aumenta, per poi spegnersi, in un silenzio assordante, immediatamente dopo il clamore mediatico. Eppure non passa giorno, in cui non ci sono morti o infortuni sul lavoro. Le statistiche INAIL ricordano, infatti che ogni giorno sul lavoro, muoiono mediamente almeno tre persone; questi però non sono numeri, sono vite umane, padri, madri, fratelli, figli che non fanno più ritorno a casa, ai propri affetti e sulla cui morte tutti abbiamo delle responsabilità. Le costernazioni non bastano più serve più concretezza nell’agire e nel decidere azioni efficaci nel contrastare questa vera emergenza sociale. Lo sostengono Giuseppe Michele Alcamisi e Carmelina Pirrera, rispettivamente presidente e vicepresidente della Commissione d’Albo dei Tecnici della Prevenzione nell’Ambiente e nei Luoghi di lavoro. L’impegno delle istituzioni, più volte sollecitate, – hanno detto – deve volgere al coinvolgimento delle figure professionali preposte al miglioramento della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, per improntare un sistema che non sia soltanto repressivo ma principalmente preventivo. La prevenzione costituita dall’insieme di appropriati dispositivi di protezione individuale, di adeguata formazione, la conoscenza dei rischi e dei pericoli batteriologici, chimici e fisici connessi all’attività di lavoro intrapresa può fare la differenza tra la vita e la morte. Nello specifico caso, la conoscenza del pericolo chimico costituito dalla possibile e concreta circostanza che i liquami fognari possono generare gas tossici letali forse avrebbe fatto la differenza. Il lavoro deve essere fonte di vita, di speranza, di promozione sociale, non motivo di morte, d’invalidità, di malattia. È indispensabile quindi, un’azione sinergica tra le istituzioni, i datori di lavoro, le parti sindacali, i professionisti del settore quali i tecnici della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, che con competenze ed esperienza in attività ispettive e consulenziali, possano sensibilizzare i lavoratori e tutte le figure apicali dell’organizzazione aziendale, all’importanza della prevenzione e protezione dai rischi negli ambienti di lavoro. La formazione adeguata ed efficace, l’addestramento, i dispositivi di protezione individuale quando previsti, devono assumere la stessa importanza che diamo ad un accessorio che consideriamo indispensabile per la nostra vita quotidiana (banalmente oggi si da più importanza ad un cellulare che ad un DPI salvavita). Le sanzioni servono, concludono, ma non bastano ad a rrestare lo sterminio sul lavoro, soprattutto quando si tratta di eventi prevedibili ed evitabili da un corretto sistema di gestione globale della sicurezza; servono per contrastare e punire condotte dolosamente omissive , ma non sono gli giusti strumenti per diffondere o meglio creare la tanto acclamata cultura della sicurezza che ad oggi sembra molto lontana dall’essere attuata, una chimera da trasformare in realtà.