Di MASSIMO BRUCATO
Decima edizione, ci informa il sito ufficiale della manifestazione, anche se pensavo che fossero passati più anni. Vuol dire che questo festival si è radicato nel cuore degli amanti della musica jazz agrigentini. Diverse cose sono cambiate però, nel corso degli anni. Per prima cosa il luogo dell’evento. All’inizio erano gli spazi vicini al Tempio di Giunone e, appunto, agli arcosoli, i sepolcri arcati che si possono ammirare nei pressi del Tempio. Poi negli spazi limitrofi al bar della Valle. Dal 2023 nel Teatro della Panoramica dei Templi, luogo meno raccolto degli altri ma sempre suggestivo. Ma è cambiato anche il tipo di jazz suonato. Si è passati da sperimentazioni, piccoli azzardi sonori, esibizioni di musicisti spesso splendidamente sopra le righe – e penso, tra gli altri, al grande Antonello Salis – a un jazz per lo più mite, piacevole, da puro intrattenimento. Con qualche eccezione. Ma veniamo all’edizione di quest’anno.
Prima serata, 2 agosto. In un teatro quasi pieno si esibisce il quartetto guidato dal chitarrista statunitense Peter Bernstein, accompagnato dai compaesani Aaron Goldberg al piano e Vicente Archer al contrabbasso e dal nostro Roberto Gatto alla batteria. Musica elegante, ben suonata, con una marcata base blues. Standard per lo più e alcuni brani originali, che sono quelli che più mettono gambe in movimento. Citiamo la ritmica Dragonfly tra queste. Pubblico contento, applausi e qualche smorfia nei volti degli amanti dell’azzardo.
Seconda serata, 3 agosto. L’organizzazione deve recuperare altre sedie per accogliere il folto pubblico arrivato per vedere e ascoltare l’Andrea Braido Trio. Braido è stato chitarrista di Vasco Rossi per un bel po’ di anni e la lista degli artisti famosi con cui ha lavorato è davvero lunga. Con lui Vito Di Modugno all’organo Hammond e Mimmo Campanale alla batteria. Tutti eccellenti musicisti che tirano fuori grinta, energia, ritmo. Blues, jazz, piccole fughe rock per un concerto che piace molto al pubblico e mette in fuga per due o tre volte la gocce di pioggia che cadono sul teatro.
Si ascoltano standard – interessante la versione di Caravan, brano mitico di Duke Ellington-, qualche brano originale e i suoni della brillante chitarra elettrica di Braido che riempiono l’aria. Un bis e, consapevoli che ancora una volta non si è ascoltato niente di nuovo, tutti via col sorriso sulle labbra.
Terza serata, 4 agosto. Ancora una bella risposta da parte delpubblico per una serata musicalmente piacevole, con qualche gradita dissonanza in più rispetto alle serate precedenti. Sul palco lo Yosvany Terry Quartet. Terry è un sassofonista cubano e ha con se tre bravi musicisti: due isolani, il talentuoso pianista Samuel Mortellaro e il batterista Federico Saccà, e poi il campano Antonio Napolitano, al contrabasso. Pezzi originali, qualche cover, richiami a sonorità africane – le origini di Terry che vengono a galla – assoli notevoli di piano e sax. Nel brano finale salta fuori uno strumento percussivo tipico africano e Terry lo usa coinvolgendo il pubblico in un botta e risposta vocale tutto afro. La migliore delle tre serate. Siamo grati all’Ente Parco della Valle dei Templi che ci da l’opportunità di vivere piacevoli atmosfere jazz, ma in tanti, di buona memoria, rimpiangiamo
le coinvolgenti trasgressioni sonore delle vecchie edizioni di Arcosoli Jazz.